Appena arrivati a La Paz.
Tra le strade strette ci sono taxi, kombi e autobus stile anni ’20, che sembrano un po’ scuolabus, un po’ autobus per i matti.

É buio, ma non riesco ad immaginarmi il sole in questa città, infilata in una stretta valle, con le sue vie che salgono ripide e gli sgotti putrescenti d’acqua che le ridiscendono.
Le auto suonano a chiunque, anche se sul marciapiede (non si sa mai).

Troviamo una pousada, Hotel “Sleep” (perfetto). Tutto ciò di cui ho bisogno é una doccia, un cesso e un letto.. e un po’ di cibo, quindi siamo in breve (non molto in realtà, ma la stanchezza cancella il tempo) in un ristorante arabo, ma con il menù coi piatti scritti in spagnolo. Chiedo alla tipa se la hoja com arroz y carne é il dolmen e lei non sa nemmeno di che parlo. Le mando un’occhiata comprensiva e me ne vado al tavolo con un “mmhhh” di rassegnazione.

Mentre mangiamo penso che in fondo questa città, la puzza, nemmeno la discoteca di fronte la mia camera d’albergo finto asettico mi disturba. Dovrebbe, dato che siamo reduci di quattro giorni di naturalissimi altipiani Boliviani, fatti di lagune e fenicotteri. Eppure, in fondo, La Paz è l’equilibrio, che controbilancia quei giorni e gli da senso.
Finisco il felafel e andiamo a dormire.

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Il pomeriggio seguente (oggi) prendiamo l’aereo per Santa Cruz. In autobus sarebbero state 17 ore (contro una di aereo) dovendo aggirare i blocchi di protesta per il referendum di 2 settimane fa contro il presidente (medio) Evo Moraes.

Siamo partiti a 4600 metri di altezza, un sole bastardo che il freddo non fa percepire (ma che ustiona) e dopo 60 minuti atterriamo a Santa Cruz, 400 metri sul mare, 25ºC (di sera) e un’umidità pazzesca.

4200 metri in meno.. l’aria di La Paz è così rarefatta che la pista dell’aeroporto é stata fatta più lunga, e gli aerei, se vogliono alzarsi in volo, devono decollare con il doppio della potenza.

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Scendo dall’aereo e un cagnone con una palla da tennis in bocca mi segue per un po’ camminandomi affianco, finché il padrone non passa e il cane lo segue.
Penso che un cane che vuole giocare con la palla non è una cosa buona su una pista di atterraggio..

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Il caldo ci mette di buon umore. Scherziamo tra noi e io pure con gli sconosciuti.
Occupiamo (nel senso “centro sociale” del termine) quattro sedie ciascuno e Andrea (che in Sud America è un nome da donna) crea un suo habitat invalicabile semplicemente togliendosi le scarpe (incredibile).

Tra due giorni è il mio compleanno.

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PAROLA DEL GIORNO: sm avião (aereo)

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