Creativity

You’re only proud of your creation’s success, because you want to be creative, but creation doesn’t happen through gimmicks, technology and distribution.

It doesn’t even happen through work.

Creativity is frankly adjacent to mental illness and overlaps with it substantially.
A lot of talented people killed themselves and all of them are miserable. The real gift is to be ungifted.

 – Rick and Morty S06E07

Aiuto, non mi sono iscritto all’AIRE! Che faccio?

Ti sei trasferito all’estero da qualche anno e ancora oggi vivi e lavori fuori dall’Italia.

Hai un attestato di residenza del comune estero locale, ma non ti sei mai registrato all’AIRE. Non lo hai fatto perché non volevi perdere l’assistenza sanitaria in Italia, oppure perché non avevi sbatti e poi comunque era solo una formalità o bla bla bla.

Adesso però hai scoperto che senza la registrazione all’AIRE, il fisco italiano ti considera residente in Italia, con la conseguenza di dover pagare le tasse per il reddito che hai prodotto all’estero.

Ouch.

Da una parte pensi che magari puoi continuare a vivere senza registrarti all’AIRE. Torni in Italia per rinnovare il passaporto, non voti e chi s’è visto s’è visto. Dall’altra però, sai che in realtà questo è un problema che prima o poi dovrai affrontare. A parte il fatto che la registrazione all’AIRE è obbligatoria, se non lo fai sarà un problema quando vorrai percepire un’eredità (per esempio una parte di un immobile di famiglia) o sposarti (per farlo dall’estero ci vuole il nulla osta del consolato), eccetera eccetera. Il tempo intanto continua a passare e così gli anni suscettibili ad una verifica fiscale.


COSA FARE?

(Risposta breve)

Registrati all’AIRE.

Se dopo esserti registrato all’AIRE il Fisco italiano inizia una verifica della tua posizione fiscale, dovrai invocare la Convenzione contro le doppie imposizioni davanti al CTR (Consiglio Tributario Regionale).

Lo so che è uno sbatti e che vorresti poter risolvere la cosa senza dover rivolgerti ad un avvocato, ma poiché si tratta di un’irregolarità, non può essere verificata d’ufficio. La buona notizia è che la verifica è solo un’eventualità e potrebbe anche non succedere nulla.

Se invece si verifica, cerca un legale specializzato in finanza tributaria internazionale. Leggi quest’articolo, riassume molto bene il quadro della situazione.

 


COSA FARE?
(Risposta lunga)

L’articolo 43 del Codice civile stabilisce che la tua “residenza” è dove hai la tua dimora abituale. Il domicilio invece è il luogo dove hai stabilito la “sede principale dei tuoi affari ed interessi” (anche di tipo affettivo).

Purtroppo, la “residenza fiscale” è un’altra cosa e se non sei iscritto all’AIRE, in base all’art. 2 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), sei considerato fiscalmente residente in Italia anche se il tuo domicilio e la tua residenza sono all’estero.

“Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.”

L’ordinanza 1533/2022 della Cassazione (sebbene pronunciandosi su un caso specifico) ha chiarito che la congiunzione “o” non significa che basta soddisfare anche solo una delle tre condizioni per essere considerati fiscalmente all’estero, ma che basta soddisfarne anche solo una per essere considerati fiscalmente residenti in Italia.

Insomma, anche se vivi all’estero, fintanto che sei iscritto all’anagrafe della popolazione residente, devi (o dovresti, ci arriviamo…) pagare le tasse in Italia. Secondo il TUIR, l’iscrizione all’AIRE non è solo una formalità, ma una condizione sostanziale a fini fiscali.

Il Fisco quindi ha titolo a chiederti di pagare le tasse in Italia. L’art. 168 del TUIR sancisce che se hai già pagato le tasse all’estero, puoi detrarle dalle tasse che devi allo stato italiano (comma 2), ma che la detrazione non ti spetta se non li hai dichiarati in Italia quando era il momento (comma 8).

A questo punto però (sottofondo di coro liturgico, tipo ascensione in paradiso) entra in gioco la “Convenzione contro le doppie imposizioni”. Nel caso della Germania, per esempio, la convenzione dice il tuo stipendio da dipendente non è tassabile in Italia se:

  • vivi in Germania per più della metà dell’anno (cioè almeno per 183 giorni, 184 per gli anni bisestili);
  • l’azienda per la quale lavori è in Germania;
  • l’azienda non è sostenuta da un’organizzazione che ha sede in Italia.

A questo proposito (sempre prendendo come esempio la Germania), l’ordinanza n. 9725/2021 della Cassazione ha fatto prevalere la Convenzione Italia-Germania (art. 15) contro il TUIR.

A volte un’ordinanza della Cassazione stabilisce l’opposto di un’altra ordinanza. Questo accade perché le sezioni della Cassazione si esprimono su casi specifici, perciò anche se ne trovi una favorevole al tuo caso, non potrai impugnarla.

Le sentenze che danno orientamento definitivo (per cui le singole sezioni non possono esprimere un avviso diverso) sono invece quelle scritte a Sezioni Unite.

Vorrei chiarire adesso che la legge italiana non cerca di “punirti” di non esserti registrato all’AIRE: lo Stato ha a che fare con una buona quantità di “furbetti” che spostano la propria residenza all’estero per evadere le tasse, pur continuando a vivere in Italia. Un’altra circostanza sono i lavoratori di frontiera che, per esempio, prendono residenza a Lugano, ma di fatto vivono da questa parte del confine.
Mentre tu pensi di essere in mezzo ad un polverone inutile, lo Stato considera l’eventualità che tu sia un evasore. Il ricorso al tribunale è il tuo modo di far prevalere non solo la tua buona fede, ma anche la tua reale capacità contributiva.

Oltretutto, il diritto tributario internazionale è dalla tua parte. Come la pagina di questo studio legale fa notare: “La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è più volte espressa difformemente dalle Corti italiane ritenendo che il luogo di residenza di un soggetto debba essere individuato in relazione […] alle circostanze oggettive che collegano il soggetto al territorio.
Una tale interpretazione permette di superare l’impostazione italiana rendendo del tutto irrilevante il criterio formale della cancellazione dalle liste della popolazione residente e dell’iscrizione all’AIRE.

Recentemente alcune Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali (che rappresentano il primo e il secondo grado del processo tributario) si sono discostate dalla linea dettata dalla Cassazione e si sono conformate alla giurisprudenza comunitaria.
Ad esempio, nel 2017, la CTR della Puglia trattando l’ipotesi di una tardiva iscrizione all’AIRE ha affermato che “l’applicazione di qualsivoglia strumento presuntivo”, quale la mancata iscrizione all’AIRE, peraltro ampiamente superate dal contribuente “a mezzo della pertinente documentazione prodotta agli atti”, “non può avvenire in maniera asettica e automatica, dovendo esso, per converso, avere riguardo necessariamente alla reale capacità contributiva ex art.53 C., nonché evitare una inammissibile duplicazione d’imposta”.

Un altro articolo dice anche che “[…] al fine di evitare la doppia imposizione, la residenza fiscale può essere accertata alla luce dei criteri individuati dalle norme convenzionali vigenti tra gli Stati. Assumono così rilevanza le tanto spesso menzionate “tie break rules” che puntano alla sostanza dei fatti, smontando il consolidato orientamento della Suprema Corte in merito alla presunzione assoluta di residenza attinente al requisito formale ex art. 2, comma 2, TUIR.”

Le “tie break rules” sono definite dall’articolo 4 del Modello OCSE. È un argomento un po’ lungo e con delle eccezioni, ma puoi leggere a proposito in questa pagina.

Come puoi vedere, l’argomento è spinoso e dipende moltissimo dal tuo caso. Consulta un legale specializzato per avere un’idea migliore del tuo caso e tieni a mente che potresti anche non ricevere affatto una verifica del fisco italiano. Respira, spera per il meglio, ma tieniti comunque preparato e con i documenti in ordine (es. certificati di residenza, contratti d’affitto e di lavoro, dichiarazioni scritte di ex-coinquilini ed amici, ecc.).

Ti consiglio di trovare un avvocato specializzato nella tua regione di residenza in Italia, perché i primi due gradi di giudizio (semmai dovessi affrontarli) avrebbero luogo nella corte tributaria provinciale e poi in quella regionale.

In bocca al lupo.

Lila

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«And you know something else?»

«What?»

«I’m not going to answer any more of your questions.»

«Why not?»

«You’re the detective. That’s what you are. You think you’re going to learn something, I don’t know what, but you’re not going to learn anything… You’ll never find out who I am because I’m not anything.»

«What do you mean?»

«I’m not anybody. All these questions you’re asking are just a waste of time. I know you’re trying to find out what kind of a person I am but you’re never going to find out anything because there’s nothing to know. […] I used to play I was this kind of person and that kind of person but I got so tired of playing all those games. It’s such work and it doesn’t do any good. There’s just all these pictures of who I am and they don’t hold together. They’re all different people I’m supposed to be but none of them are me. I’m not anybody. I’m not here. Like you now. I can see you’ve got a lot of bad impressions about me in your mind. And you think that what’s in your mind is here talking to you but nobody’s here. You know what I mean? Nobody’s home. That’s Lila. Nobody’s home.»

«You know what?» Lila said.

«What.»

«What you want to do is make me into something I’m not. […] You’re trying to destroy me.»

«No.»

«Yes.»

«Well you’ve completely misunderstood what I’m asking these questions for» the Captain said.

«No, I haven’t. I’ve completely understood it just exactly right» Lila said. «All men do that. […] But you know something? It won’t work.»

«I’m not trying to destroy you,» he said.

«That’s what you think. You’re just playing around the edges, aren’t you! You can’t go to the center of me. You don’t know where the center of me is!»

That set him back.

«You’re not a woman. You don’t know. When men make love they’re really trying to destroy you. A woman’s got to be real quiet inside because if she shows a man anything they’ll try to kill it. But they all get fooled because there’s nothing to destroy but what’s in their own mind. And so they destroy that and then they hate what’s left and they call what’s left, ‘Lila,’ and they hate Lila. But Lila isn’t anybody. That’s true. You don’t believe it, but it’s true…»

«Women are very deep» Lila said. «But men never see it. They’re too selfish. They always want women to understand them. And that’s all they ever care about. That’s why they always have to try to destroy them.»

«I’m just asking questions» the Captain said.

«Fuck your questions! I’m whatever your questions turn me into. You don’t see that. It’s your questions that make me who I am. If you think I’m an angel then that’s what I am. If you think I’m a whore then that’s what I am. I’m whatever you think. And if you change your mind about me then I change too. So whatever Richard

tells you, it’s true. There’s no way he can lie about me.»

Lila: an inquiry into morals, by Robert M. Pirsig

A volte non dovresti ascoltarti

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La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta all’annichilamento. Affronterò la mia paura. Farò che scivoli sopra di me, che passi attraverso me. E quando sarà passata, il mio occhio interiore scruterà il suo sentiero. Ma dov’è andata la paura non ci sarà nulla.

– Frank Herbert, 1965

Metti che hai un esame.
Hai paura di fallire. 
Sei ansioso.
Roba che ci dormi la notte. 

Che poi all’esame
ti ci prepari comunque.
Magari lo passi,
magari no. 

A che ti serve
travisare un’emozione
in un sentimento
inutile?

CANZONE DEL GIORNO: There There, by Radiohead

Ulisse

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È dall’inizio della pandemia che non scrivo una riga. Non che non ci siano stati drammi o altra roba succosa da raccontare, ero solo troppo stressato per riuscire a concentrarmi per farlo.
Adesso, seduto in un aereo diretto a Puerto Escondido, con maglietta puzzolente, costume da bagno, infradito e niente mutande, mi sembra di aver trovato il momento migliore per farlo.

Sono arrivato in Messico l’altro ieri dopo 17 ore d’aereo. Ho fatto tappa in Atlanta, ma siamo atterrati in ritardo, così ho saltato educatamente la fila e mi sono messo ad aspettare il mio turno al gabbiotto dell’immigrazione alle spalle di una tizia di colore. Indossava una maglietta bianca con strisce in filigrana d’argento, pantaloni a tre quarti aderenti, sandali, borsa rossa in similpelle ed altra roba di dubbio gusto, tipo moda contraffatta che non ci crede comunque nessuno.
L’ufficiale di frontiera le chiede il motivo della viaggio e lei risponde allegramente che ci è «venuta a fare un giro, hahaha»
«È dove dorme…» continua l’ufficiale «ha un indirizzo?»
«Oh, sto da amici, sì, hahaha»
Io mi metto una mano sulla fronte, ma vorrei darle un scappellotto, magari si sintonizza col mondo reale. Mentre tutti gli altri passeggeri scorrono oltre gli altri gabbiotti, mentre il mio volo è a mezz’ora dalla partenza, l’ufficiale alza la cornetta del telefono e chiama rinforzi.
Quando ormai convinto di aver perso il mio volo, il gabbiotto affianco si apre per miracolo.
«Vola in Messico?»
«Sissignore, tre settimane.»
«Vacanza?»
«Vacanza.»
«Viaggia da solo»
«Con un mio amico, lui è già lì da un paio di settimane.»
«Ah, e quanto tempo sta in Messico?» Oh, penso, è brava questa guardia, si fa ridare la stessa informazione due volte, così controlla che non sto improvvisando le risposte.
«Tre settimane.»
La guardia mi restituisce il passaporto e corro a prendere il treno per cambiare terminal. Ultima chiamata per il volo DL 1932.
Corro con i miei due zaini addosso, la mascherina contro il covid che non fa passare l’ossigeno ed un volo di dieci ore alle spalle che uuuhhhhhhh non ti dico che gioia. Appena mi siedo, suppongo di sudore e col fiatone, il capitano comunica che decolleremo con mezz’ora di ritardo e quasi mi viene da ridere.

Tra le mille cose che potrei raccontare e di cui non fregherebbe comunque a nessuno, c’è ne però una che merita, che poi è il motivo per la quale sono di nuovo in aereo invece che in spiaggia a Tulum. L’amico che mi aspettava a Cancun, Konrad, si è messo d’accordo pure con un altra persona che chiamerò Ulisse.

Ulisse parla a manetta in puro stile tedesco: dice delle cose, poi comincia a ripeterle nervosamente cambiando il modo in cui le dice. Poi le ripete ancora e ancora in un crescendo di agitazione, senza dare l’impressione di volere un risposta. Non capirò mai perché i tedeschi fanno così. Il tedesco è una lingua piuttosto precisa, forse quando usano l’inglese pensano di non poter essere capiti?
Comunque sia, Ulisse, a parte essere noioso come pochi, coglie solo alcune parole delle mie domande e da una risposta in base a quello che crede gli abbia domandato. Devo chiedergli le cose due volte.

Ieri Ulisse ci ha raccontato di questa tipa che si è portato a letto tre anni fa senza preservativo, perché «lei usava la pillola».
La tipa in realtà sperava di restare incinta per essere mantenuta.
«E tu che ne sai?»
«Oh…» Continua Ulisse. «Lei voleva incontrarsi in giorni precisi per via dell’ovulazione e dopo aver fatto sesso si rannicchiava di schiena sul letto con le gambe piegate sulla pancia»
un po’ come faceva la tizia nel film Il grande Lebowski per restare incinta del Drugo (segue fotografia).
.


Ulisse continua e dice che le sta pagando gli alimenti da anni e che dovrà farlo fino a quando la bambina (che hanno effettivamente avuto) finirà gli studi.
«Ah, ma quindi siete ancora insieme?»
«Nooo…» mi fa Ulisse «lei vive in un’altra città»
«E non vedi tua figlia?»
«Un paio di volte l’anno. La mamma le ha insegnato a dire ‘Papa scemo’, ‘Papa scemo’»

Io resto basito che nemmeno Stanis di Boris. Konrad mi guarda e fa cenno di sì con la testa.
«Ah, ma te lo ha già raccontato?»
Ulisse gliel’ha raccontato appena si sono conosciuti, in un festival di musica elettronica, dove poi si sono anche messi d’accordo per fare le vacanze insieme.
Ulisse parla per ore dello stesso argomento. Mi dispiace tantissimo per lui e un po’ mi sale anche la rabbia per un sistema che sembra tutelare più le madri. In Germania, per dirne una, una donna che è restata incinta può nascondere la gravidanza al padre naturale e poi, quando la creatura nasce, obbligarlo a fare un test del DNA per poi procedere con la richiesta di alimenti. Se il presunto padre naturale si rende indisponibile per farsi prelevare un campione del DNA, le autorità vanno a prenderlo a suo padre.

Dato che ormai il tema della serata è questo, provo a lasciarmi coinvolgere e propongo ad Ulisse di creare un’organizzazione per sensibilizzare sull’argomento e smuovere le cose. Per esempio, la paternità dovrebbe essere obbligatoriamente controfirmata per legge entro i termini per l’aborto, in modo da mantenere il diritto della madre di portare a termine la gravidanza, dando però la possibilità al padre naturale di dire “io non sono d’accordo, se continui, diventa una tua responsabilità”.
Ulisse, nonostante sia molto coinvolto, non sembra interessato a passare all’azione. Insomma, lui vuole solo sfogarsi. Così passiamo il resto della serata a mangiare tacos e bere birra fino a collassare a letto. Quando prendo sonno Ulisse si sta ancora lamentando della tipa che lo ha inguaiato.

Stamattina, a colazione, Konrad ci dice di un po’ di casini che intanto stanno accadendo nel suo appartamento in condivisione, così cominciamo ad intrattenerci a vicenda con aneddoti sul tema. Ulisse ci ascolta per un po’, poi propone l’aneddoto di una tipa con la quale ha vissuto tempo fa.
«Sono partito per un mese e le ho chiesto tre cose…» Dice lui. «dai l’acqua alle piante, non disturbare i vicini e chiamami se hai bisogno di qualcosa. Quando sono tornato, le piante erano morte, ma fa niente… il problema erano gli allarmi antifumo. Sai, quando gli allarmi antifumo hanno la batteria scarica fanno un BIIIP fortissimo ogni tot di secondi. Questa tipa, invece di cambiare le batterie, li ha messi fuori al balcone! Le ho chiesto, per quanto tempo e oh, risponde lei, da tre settimane… e quel mese faceva un caldo pazzesco, forse 35 gradi, e tutti gli inquilini tenevano le finestre aperte e questi bip bip bip hanno disturbato tutti cioè, dico io, non potevi chiamarmi?!»
L’aneddoto, peraltro una grande storia, sarebbe finito, ma Ulisse lo cavalca per cominciare a parlare di quanto questa tipa fosse una coinquilina terribile. «Quando si è trasferita ha detto che il divano era scomodo, allora le ho proposto di dormire nel mio letto, giusto all’inizio. però poi lei non voleva lasciarmi tornare a dormire nel mio letto…»
«Scusa ma tu le affittavi il divano o una stanza?»
Ulisse, che come ho detto non ascolta davvero le domande, risponde una cosa del tipo «Si, ma il divano non è poi così scomodo.»
Konrad ed io ci scambiamo un’occhiata. Konrad ripete la domanda.
«Affittavi il divano, non una stanza?»
«È un’ottima domanda!» Dico a Konrad ridendo.
«Oh no, le affittavo una stanza!»
«E non c’è l’aveva un letto suo?»
Ulisse non ascolta nemmeno questa domanda. Farfuglia qualcosa poi continua a parlare.
«Una volta mi sono portato questa ragazza a casa e lei, oh, lei faceva un sacco di rumore!»
«perché faceva rumore?» Dico così per coglionarlo un po’, tanto lui non ascolta.
«E la tipa mi dice che le da fastidio che fa rumore così mi dice che quando questa viene glielo devo dire così va a stare dalla sua amica allora quando la ragazza viene di nuovo io glielo dico e lei va via e io la sto scopando sul divano [segue il tradizionale gesto dello scopare con le braccia che remano] e la tipa era andata via da un’ora che adesso sento qualcuno che prova ad aprire la porta di casa allora ci rivestiamo ero un po’ infastidito perché lei mi ha detto ha stava dalla sua ami ma tutto ok ok andiamo in camera mia e però lei torna con un tipo e se lo porta in camera sua io non dico niente però poi vado in bagno e il bagno è intasato c’è acqua a terra e non posso usarlo così le dico che non mi interessa chi ha fatto il casino in bagno ma lo deve rimettere a posto e lei lo rimette a posto però poi si intasa di nuovo e lei lo ha intasato tre volte che poi non so se l’ha intasato lei o il tipo che la stava scopando che poi lui penso che era un immigrato di non so dove che poi per me va bene però chissà da dove viene che lui però era pure un immigrato…»
«Oh!» L’interrompo io. «Ma noi dobbiamo lasciare la stanza, sono quasi le undici!»
Ci affrettiamo a liberare il tavolo con Ulisse che continua a parlare. Io lo ignoro alla grande così lui si concentra sul povero Konrad. Attraversiamo la strada e Konrad mi lancia un’occhiata disperata.

Oggi, in teoria, dovremmo andare insieme a Tulum, ma col piffero che mi rinchiudo in un appartamento con questo soggetto. Konrad, peraltro, non è nemmeno interessato ad andare a Tulum, perché ci è appena stato per quasi una settimana. Piuttosto, vorremmo andare in aereo nella regione di Oaxaca, o nel Chiapas, non importa davvero dove, basta che Ulisse non viene con noi. Konrad però non se la sente di scaricare Ulisse al primo giorno di viaggi.
«E che problema c’è! Corrado, ci penso io!»
Intanto Ulisse ci ha di nuovo trovato e ci pressa per affittare una stanza a Tulum.
Konrad, appurato che tocchi a me sganciare la zavorra, gli dice che prima dobbiamo parlare di una cosa. Ci sediamo insieme sui divanetti di fronte alla reception dell’ostello. Konrad abbozza qualcosa tipo «Ulisse, c’è qualcosa che ti vorremmo dire…» poi ruota la testa con calma e guarda me.
«oh, ok…» Dico un po’ impacciato. Certo che il tempo di prepararmi me lo poteva pure dare. «Ulisse… abbiamo l’impressione che non funzioniamo come gruppo. Forse è meglio se prendiamo strade separate per il resto del viaggio» Dico senza mezzi termini. Ulisse non sembra molto sorpreso, ci resta male, ma un po’ sembra abituato ad essere scaricato.
Konrad, che ha un cuore, si appresta a dire che è solo perché lui vuole esplorare Oaxaca e non vuole tornare a Tulum «altrimenti avremmo di certo continuato a viaggiare insieme!»
Io sgrano gli occhi, un po’ perché ho appena detto chiaro e tondo che è perché tra noi la cosa non funzia, poi perché se per caso Ulisse dice che pure lui vuole andare a Oaxaca, poi come la mettiamo?
Ulisse però non sembra considerare la cosa. Arriviamo persino a prendere la stessa circolare fino alla stazione degli autobus. Va da se che Corrado a Ulisse non l’ha più sentito.

[ ]

«Quand’ero in Francia mi sono rotto tutto quanto e ho dovuto fare la chirurgia. Al dottore gliel’ho chiesto… Dottore, questo significa che non potrò ballare la prossima settimana?»
«perché…» Replica il dottore. «lei è un ballerino?»
«Ma no, Dottore!» Esclama lui. «Sono un omosessuale!»
E si mette ad agitare le braccia a tempo di musica.

(così come me l’hanno raccontata)