ricordi?

…era d’estate, avevamo fatto il bagno di notte, il temporale ci aveva sfiorato e si allontanava impazzito. Stavamo sulla riva a goderci i fulmini da lontano, che si conficcavano nel mare nero all’orizzonte, e le nuvole erano una montagna possente, elettrica e grigia nel riverbero della luna, ricordi? di bianco c’era solo quella e il culone di Gianna, che il bagno si doveva fare nudi. Le docce erano calde anche a mezzanotte, una goduria, ma tempo poche ore eri già svenuto, sbronzo, mentre pisciavi, e ti trascinarono al campo in due, a spalla, mentre i tuoi piedi tracciavano il solco in mezzo, la faccia più bianca di qualsiasi culo. C’era vino rosso dappertutto e quando finalmente cominciò a piovere, entro l’acqua e allagò mezza roulotte, letto compreso. Ricordi, maledizione, ricordi?? c’era pure quel tipo simpatico, che si scioglieva le candele nell’orecchio. No, non ricordi niente, eri ubriaco come una merda.

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L’eleganza, poi oltre la grazia. Dall’altra parte, come polarità, l’etichetta, l’educazione buttata giù a memoria.

Gli ignoranti di lusso che masticano aneddoti e si compiacciono di poter nominare anche (e sopratutto) la merda, con alterigia e un certo piacere di fondo, come un sfogo di fogna.
Odorano di borotalco, di giglio, di lavanda e ciclamino. Sanno cosa dire, ma non comunicano; la gerarchia dei movimenti, ma non l’erotismo del gesto.
Il loro è un vuoto disperato, da far pesare con arroganza con l’illusione di una cultura che è solo buona memoria per l’annata migliore, la storia delle date, il rutto aristocratico e la storiella sconcia.

PAROLA DEL GIORNO: weiß wein (vino bianco)

ciao

È il saluto la cosa che mi uccide… dover salutare una persona con la quale non c’è una vera comunicazione, di doverci mangiare insieme in silenzio, mentre la tv a tutto volume la camuffa. Dico, quando t’imponi di ignorare una situazione anormale, a furia di costringere il cervello a non reagire, lui alla fine lo fa di suo, finisce per credere, per una sorta di coerenza che ormai è falsata e astratta, che questa cosa sia normale, ‘deve’ esserlo. Ma il corpo no, il corpo sa tutto, non ti permette di partire per la tangente. Se ci riesci diventa vendicativo, ti fa palpitare, tremare, sbiancare in volto, fa reagire la pelle. Come un pianto, ma molto, molto più forte, più subdolo, più profondo.

Questo, credo, sia il meccanismo per indurre alla schizofrenia, la razionalità cerca sempre di armonizzare le conoscenze, e a partire da quelle di trovarne altre superiori, ma quando le fondamenta della coscienza sono distorte, quando permetti a qualcosa di anormale, di ingiusto nei confronti di te stesso e del corpo, di imporsi come una realtà, allora tutte le altre realtà ed esperienze si devono riordinare di conseguenza, devono trovare una nuova coerenza per inglobare l’anormale, e nasce la follia.
Quando dico ciao a mio padre io sono pazzo. Quando ci mettiamo a tavola e stiamo li senza parlare per tutto il pasto, io sono pazzo. Riesco ancora a rendermene conto, anzi, cerco di fare il modo di ricordarmelo sempre, guai altrimenti. Mio padre invece non può più permettersi alla sua età di rimettere tutto in discussione, e quotidianamente fa una fatica tremenda nel tentativo di convincersi che tutto va bene, che il silenzio va bene, che va bene la solitudine, l’assenza di spontaneità e di desiderio. Mentre io mi sforzo di tenere a mente che tutto questo non è normale, lui muove le sue forze cercando di convincersi del contrario.
Forma e sostanza: « ciao » è la forma, l’assenza di dialogo la è sostanza, o meglio, « ciao » è la forma che ha assunto il nostro silenzio: ci salutiamo e salutandoci ci diciamo addio.

PAROLA DEL GIORNO (br): oi (ciao informale)

faine

« Se vuoi che qualcuno lavori gratis per te gli devi far annusare un progetto… »

(una faina in tallier nella metro a Milano)