Mũi Né

Quando sono partito da Hanoi un mese fa (ed iniziato il viaggio in Vietnam) ho comprato un taccuino e segnato ogni spesa legata alla motocicletta: benzina, riparazioni, migliorie e cambi d’olio. Oggi alla stazione di benzina appena fuori Mũi Né mi sono reso conto di non averlo aperto da un po’ di tempo. Ho passato più di una settimana a Mũi Né, la mecca dei kite-surfer; col pieno ho potuto calcolare d’aver percorso circa 200 chilometri sul suo lungo mare, che ne misura circa circa dieci.

Mũi Né è stata una vacanza dentro la vacanza.

Ho cambiato quattro ostelli in otto giorni… così, tanto per non perdere l’abitudine a fare lo zaino, ed è proprio tramite gli ostelli che riesco ancora a tenere a mente tutto quello che è successo: questa settimana a Mũi Né è sembrata durare un mese.

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Le prime due notti le ho passate in un resort sulla spiaggia dove ho incontrato di nuovo Jimm e Isabelle, i due ciclisti che ho conosciuto a Bai Xep e continuo ad incontrare lungo il percorso. Questo è un aspetto del viaggio a cui non avevo nemmeno immaginato: la maggior parte dei backpacker visita e dorme negli stessi posti al punto che ormai non mi sorprendendo più quando trovo facce conosciute entrando in un nuovo ostello dopo un giorno passato in motocicletta.

Con Jimm e Isabelle però è diverso: siamo restati in contatto tramite internet e ci siamo dati appuntamento al resort.

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Passiamo un giorno intero a mangiare e perdere tempo sulla spiaggia. Passeggio con Isabelle lungo la riva ed incrociamo una mandria di vacche. Isabelle cerca di avvicinarsi ad un vitello per accarezzarlo, facendole allontanere tutte, poi decide di tornare indietro (Isabelle, non il vitello). Continuo da solo fino alla scogliera, mi arrampico e scopro un paesaggio verde e collinoso proprio a ridosso della spiaggia. Quando torno indietro tutti sono in acqua che provano a surfare. Una volta rientrati in spiaggia io e André (il primo da sinistra nella prima foto) convinciamo Jimm e Isabelle a fare da passeggeri sulle nostre moto per andare a vedere il tramonto dalle dune insieme, a venti chilometri di distanza.

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Ci mettiamo tutti in sella e, boh… sarà che sono uno spericolato, ma mi perdo la seconda moto nell’arco di nemmeno dieci minuti. Isabelle continua a chiedere dov’è che sono finiti ed io essenzialmente me ne frego, perché il Sole non aspetta loro per tramontare e io non ho la minima intenzione di fare tutta questa strada un’altra volta. Sono un po’ egoista, sono un’ po venti chilometri moltiplicati per quattro, ad ogni modo, per quanto mi piaccia avere compagnia, sto viaggiando da solo e non mi va di limitarmi per via di un altro backpacker che non ce la fa a starmi dietro.

Le dune sono una figata, soprattutto adesso che il sole è tramontato e ne arriva solo la luce di riverbero. Ci sono un sacco di dune buggy che scorrazzano su e giù le montagne di sabbia ed io vorrei aver portato una tavola per fare surfboarding in picchiata dalla cima. Comunque sia, la luce va via in fretta e in meno di un’ora, credo, siamo già sulla strada del ritorno.

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Tornati all’ostello facciamo due scoperte… André aveva dimenticato di fare il pieno e la moto si è fermata per strada. Un altro motociclista li ha spinti verso il primo benzinaio, ma era ormai troppo tardi e sono tornati indietro. La seconda e più importante notizia è che ci siamo avventurati incoscientemente lungo la strada più pericolosa del Vietnam e non parlo delle caprette in mezzo alla strada o dei perenni lavori in corso subito dietro ogni curva: a Mui Ne la polizia sta in agguato proprio lungo la strada verso le dune e ferma e sequestra le moto ai backpacker senza pensarci due volte.
Molti turisti guidano senza patente internazionale (me incluso) e per legge scatta il sequestro del mezzo per una settimana ed una multa di 1.200.000 dong (circa 50 euro). A quanto pare non accettano nemmeno una mazzetta per lasciarti andare… dove andremo a finire?!
La nostra fortuna è stata essercela presa comoda e percorrerla a fine giornata quando il far-west era già finito.

Non mi piace l’idea di non poter usare la moto ed essere sostanzialmente bloccato in questo resort (lo so, sono uno snob). Preparo lo zaino e decido di lasciarlo il giorno dopo entro le 8, cioè quando la polizia sarò in strada. Mi sposto al Packpacker Village, dove mi incontro con Andrea la Svizzera. ma si, quella che avevo seminato a Sa Ky! (ahem)
Siamo entrambi contenti di rivederci e celebriamo con una cena di scampi in una bettola sul lungomare. Il nuovo ostello però è un pacco. Forse sono capitato nel momento sbagliato (a volte capita che non ci sia vita anche in questi posti), ma insomma, l’unica cosa che ricordo è che mi hanno fatto pagare almeno la metà in più rispetto a qualsiasi altro posto dove sono stato a Mui Ne. Quando il giorno dopo mi dicono che devo cambiare letto gli rispondo che preferisco cambiare ostello.

Mi sposto al Mui Ne Hills ed è jackpot! Ci sto credo quattro notti a fare baldoria insieme ad Andrea che nel frattempo è tornata da Dalat e incontriamo una marea di gente, inclusi un gruppo di tedeschi simpatici (oh, esistono!) ed una ragazza di Hong Kong che ha mollato una carriera in architettura per fare gioielli. Passo le giornate a mangiare e spaparanzarmi in spiaggia e le notti a fare festa con gente a caso.

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Mentre cammino sulla spiaggia per digerire l’ennesimo pranzo a base di gamberetti e spaghetti di riso mi offrono una lezione di kite surf gratuita. Partecipo, ringrazio e mentre faccio per proseguire lungo la spiaggia uno dei tipi mi chiede bruscamente «hey, dove vai adesso?». Gli rispondo che voglio solo camminare e che, no, di certo non controllerò le altre scuole di kite surf. Percorro 500 metri e controllo un’altra scuola di kite surf.

Mi rendo conto che i prezzi sono davvero alti rispetto a quanto realmente mi freghi di fare kite surf e chiedo se sia possibile noleggiare una barca a vela tipo Laser. Niente da fare. Ordino una birra e mi trattento a parlare con i due istruttori, un ragazzetto francese che parla vietnamita ed un vietnamita che credo sia il capo della scuola (questo considerando la condiscendenza degli altri nei confronti dei suoi sproloqui).
Spostano un tavolo di plastica sulla sabbia e restiamo lì a chiacchierare e bere fino a quando il cielo non si riempie di stelle. Ad un certo punto uno di loro ricorda che si! c’è una scuola di vela poco prima dell’ingresso del centro abitato!

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Il pomeriggio del giorno dopo vado diretto alla scuola, convinco l’istruttore a noleggiarmi un RS Feva (l’equivalente inglese di un Laser 2000) e passo un’ora a planare sull’oceano zigzagando tra gli allevamenti di pesce. Il vento è così forte da risucchiare la barca controvento ogni volta che stringo la bolina. Dopo un’ora sono stremato, mi tremano le cosce per l’essere stato tutto quel tempo sporto dalla falchetta, ma sono al settimo cielo… erano dieci anni che non andavo in barca a vela.

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La vera Mui Ne è un paese di pescatori sul promontorio più ad est di quella successione di ostelli, alberghi, scuole di kite surf e ristoranti dove passo gran parte del mio tempo in coma alimentare o etilico, a seconda di che ore sono. La visito meglio appena fuori dalla scuola di surf.
Il cosiddetto ‘scenic point‘ è una passeggiata davanti al porto degna di un dipinto impressionista. Uno di quei posti che più li guardi più ti rendi conto di quanto siano belli.
L’ora di vela mi ha fatto venire una fame da lupi. Compro la cena da asporto e la mangio mentre guardo le barche attraccate nella cala. Quando cala la sera sono ancora lì a guardare il panorama. Le piccole luci di posizione dele barche adesso brillano a intermittenza nella notte.

Noto alcune luci all’estremità del villaggio. Google dice che c’è un tempio e mi domanco come sarà la vista da lì. Mi rimetto in sella ed attraverso il villaggio. Le strade si fanno improvvisamente strette e dissestate. Illumino dei ratti grossi come tacchini che al mio passaggio scappano in cerca di un rifugio. Arrivo al tempio e mi accorgo che la vista è deludente… è anche davvero buio qui al riparo dalle luci del villaggio. Cammino lungo la costa e mi stendo sull’erba a guardare il cielo stellato.

Passano un altro paio di giorni. Faccio sistemare la trasmissione della motocicletta, scopro un una manciata di posti nuovi e torno alla scuola di vela dove ormai sono di casa. Potrei stare a Mui Ne indefinitivamente… no, basta, domani parto! Al mattino sistemo lo zaino sulla moto e visito l’ultimo posto della lista: un canyon in miniatura scavato da un torrente che si riversa nell’oceano.

La terra che fa da argine è argillosa e friabile; il fiume l’erode e si tinge di rosso…

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Lungo il percorso ci sono una serie di bettole per mangiare. Mi fermo all’ultima appena oltre una piccola cascata. Prendo una noce di cocco e faccio amicizia con un paio di ragazze tedesche (mi rassegno ad trovarli dappertutto) che mi mostrano le loro macchine fotografiche analogiche e le invito a pranzo alla bettola che mi ha fatto conoscere Andrea. Prima di andarcene faccio un altro paio di foto: una ad un gruppo di bambini che giocano nel torrente, l’altra alla figlia della proprietaria del posto mentre fa finta di ignorarci aggrappata alla grata di una finestra.

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Mangio con le tedesche, perdiamo tempo e… niente, si resta fino a domani. Torno al mio ostello e mi dicono che stanotte sono al completo! Ma porc… Mui Ne Hill da questo non me l’aspettavo! L’ostello delle tedesche ha una singola libera all’equivalente 15 euro e li vale tutti. Peraltro su Agoda (un agguerrito concorrente di Hostelworld in Vietnam) la danno scontata, ma non riesco a prenotare senza l’app che non ho scaricato. Provo a collegarmi dove capita, ma non ci riesco proprio. Arrivo alla reception e…

« quanto costa la singola? »
« salve, [l’equvalente di] quindici euro »
« mhh, ma su Agoda la posso prenotare per dieci! » e mostro il mio cellulare.
Il proprietario mi guarda interdetto « e allora prenotala su Agoda… »
« si? ma Agoda poi prende la percentuale da te… cioè, io i dieci euro preferisco darli a te, così hai più guadagno »

Si, ho la faccia come il culo, comunque il tipo ci casca e mi da la singola a dieci euro: letto doppio e bagno privato. Esco di nuovo a fare serata e finisco a fare il bagno di notte, nudo e circondato dal plancton bioluminescente.

E questa è la metà di quello che fatto a Mui Ne.

 
LIBRO DEL GIORNO: 4 3 2 1, di Paul Auster