Lý Son

Il vietnamita è una lingua tonale. Quella che per noi è solo una sillaba (o parola), in base a come la si pronuncia (secca, lunga, ecc.) questa avrà per loro un significato differente.

« Vô! » dico sollevando il mio bicchiere (al tavolo vicino al nostro del ristorante dove abbiamo appena cenato) pronunciando la “o” monotona e poi subito in salita. Un attimo fa, uno dei tizi del tavolo si è avvicinato e mi ha versato un po’ di birra, così ci siamo spostati al loro per un brindisi.

« Vô! » ripeto ad alta voce e tutti alzano il bicchiere divertiti.

Loro dicono “salute” in un altro modo, ma ce lo siamo già dimenticati, così usiamo la traduzione di google translator (indispensabile sull’isola) e tutti ridono di gusto. “Vô” va bene.

Mi sono appena mangiato un’aragosta per poco più di dieci euro, uccisa e fatta alla griglia per me. Non è moralmente appagante indicare l’animale vivo che si vuole mangiare, ma… tu, aragosta, sei stata deliziosa. Ti ho pure spento la sigaretta del dopo pasto sulla corazza, perché i soldi non comprano tutto, ma di certo la tua vita.

Siamo sull’isola di Lý Son, a un’ora e mezza dalla terraferma. Un viaggio su onde di forse un paio di metri, roba che dopo mezz’ora vomitavano tutti. La barca imbarcava acqua dalle porte laterali, rollava, beccheggiava e la gente dormiva, poi si svegliava e vomitava nelle buste di plastica, fornite dall’addetto alle buste di plastica. Un televisore gigante provava ad intrattenere con un talent show di musica vietnamita sdolcinata, ma l’audience vietnamita era troppo impegnata con le buste di plastica per esserne rapita. C’è una prima volta per tutti.

L’isola di Lý Son è famosa per l’aglio, una varietà speciale coltivata nella sabbia bianca dell’isola, circondata da palme nere. Un’ora dopo essere approdati (insomma appena guariti dal mal di mare) siamo andati in cima al… cratere? di Thới Lới al tramonto per scoprire l’isola dall’altro: un paesaggio saturo di colori in lontananza (rubo una frase di Guccin) e campi d’aglio a non finire.

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Di fronte al porto, le tizie alle bancarelle del mercato (ma sono sempre donne!) ci fanno sentire come i primi occidentali a visitare l’isola… che a giudicare dalla completa incapacità di parlare inglese non è poi un’affermazione poi così lontana dalla dalla realtà. Lý Son si sta ancora adattando al turismo, lo si intuisce anche dai prezzi: 30k dong per farti riparare la motocicletta ti fa venir voglia di romperla intenzionalmente.

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Anche travelfish (sito dalla quale sto ultimamente sviluppando una dipendenza) segnala la transizione verso il turismo. Segnala anche la presenza di montagne di spazzatura sulle spiagge, perché se c’è un problema in Vietnam, è proprio l’insensibilità dei locali verso il concetto di smaltimento. Persino le spiagge nella baia di Ha Long sono invase da monnezza di tutti i tipi, dalle reti dei pescatori alle scarpe di plastica. Si butta tutto a mare, che di suo riversa tutto sulla costa e addio turismo.

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Ad ogni modo, pare che l’isola di An Binh abbia le spiaggie migliori. Vorremmo andare li e dormire in spiaggia (c’è un camping), ma l’ufficiale della capitaneria ci dice (google translator) che non ci sono barche per via delle onde e del vento forte. Non faccio in tempo a bestemmiare che comincia a piovere di brutto. Che le due cose siano collegate?

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Spiaggia o non spiaggia qui si mangia pesce e frutti di mare come fossero caramelle. Ci consigliano (google translator) un ristorante e la proprietaria passa una ventina di minuti con noi a dirci (google translator) prezzi e cosa ha e non ha in cucina per noi.
Ogni volta che vuole dire di no porta una mano all’altezza della tempia e la agita aperta. Significa no in vietnamita… dalle mie parti significa che sei un po’ schizzato. Attenzione che il gesto genera dipendenza. Adesso ogni volta che non voglio qualcosa agito la mano anch’io (e mi lasciano stare all’istante!).

Insomma, scorpacciata di gamberetti alla griglia, con una marinatura che non vi dico. Ci facciamo portare anche una specie di pane carasau di riso che non ho ancora capito come si chiama.

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Il jackpot lo si fa il giorno dopo, in un ristorantino davanti al molo. Vasche piene di pesci e crostacei vivi, come lo sproporzionato granchio Huynh De, o un altro dalle chele blu che non so ancora cos’è ma ti mangio comunque.

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PAROLA DEL GIORNO (VN): cơm (riso)

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