Hai Van Pass

Non è una bella sensazione vedere mani inesperte smontare selvaggiamente la tua motocicletta, che già non sta bene insieme da sola. Mi sgonfiano la ruota posteriore, svitano quella davanti, via gli specchietti e bam, infilata con forza nel vano bagagli dell’autobus notturno.
Dieci ore da Ninh Binh fino a Hué, perché me la sono presa troppo comoda nel Vietnam del Nord ed ho un po’ di fretta adesso. Insomma, voglio aprire google maps e vedere la mia posizione lampeggiare decisamente più a sud. Questo dovrebbe essere sufficiente per restituirmi un po’ di serenità.

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Arriviamo a Hué intorno alle 6a. La ragazza svizzera che viaggia con me al momento non lo sa che cosa hanno fatto alla sua motocicletta. Glielo dico qualche minuto prima di arrivare e lei la prende anche piuttosto bene. Ad ogni modo ce le rimontano piuttosto decentemente, a parte dimenticarsi il bullone del perno della ruota anteriore… che non è una bella cosa.

Mentre il meccanico ce le revisiona e mi cambia l’ennesimo pezzo (il freno stavolta) mangiamo un Pho Bo (la colazione vietnamita più popolare) in una bettola proprio di fronte all’officina.

Mi piace mangiare nelle bettole, come se la sporcizia fosse sinonimo di qualità. Ormai non conto più le volte in cui alla domanda « dov’è il bagno? » il volto del povero vietnamita di turno si è riempito di imbarazzo.

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In una bettola di Hanoi, a due passi da dove ho comprato la moto, ho assistito ad un battibecco tra una donna che mi stava indicando il bagno sconsolata e un’altra che probabilmente la stava rimproverando perché non doveva lasciarmelo usare… Io volevo solo fare la pipi. Quando la porta sul retro si aprì, capii il perché del teatrino. Il corridoio non illuminato che portava al gabinetto era allagato di acqua piovana, sporca e terrosa. Un 20-25 cm di acqua per la precisione.
« Oh… » dico tra me e me, mentre una di loro mi passa gli stivali di gomma.

Il cibo era ottimo.

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Facciamo un salto ad un parco acquatico abbandonato (…è ok.) e poi verso il passaggio di Hai Van (“Hai Van Pass”): una strada che si snoda lungo montagne alberate di fronte al mar cinese meridionale.

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Le uniche informazioni che trovo on-line indicano il punto più alto lungo il percorso, ma non come arrivarci partendo da Hué. Immagino che gran parte dei motociclisti prenda la QL1A, ma fintanto che macchine e TIR spariscano nel tunnel all’inizio del Passaggio (dove le strade si dividono) non sembra proprio un bel tragitto. Un’altra strada, la QL49B, passa attraverso una striscia di terra abitata, compressa tra il mare (l’oceano pacifico!) e quelli che dalla mappa potrebbero essere campi di riso.

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Al momento la strada non è un granché, ma ci immettiamo in un lungo rettilineo circondato da campi di riso ampi e luminosi.

Comincia a piovere.

merda merda merda, che facciamo? La svizzera non ce l’ha il poncho, ma mannaggia alla pupazza… le do il mio poncho di riserva: una busta di plastica gigante (chiunque lo indossi sembra un grande preservativo). Smette di piovere dopo qualche minuto e ci infiliamo nel primo posto che troviamo, una specie di bar su delle palafitte.

« Birretta? »

Una delle migliori decisioni della giornata. Il “Bar” è un ristorante fichissimo. Sul retro della grande sala all’ingresso ci sono un buon numero di cabine, raggiungibili tramite passerelle. Alle prime birre segue un piatto di noodles con polpa di granchio, poi direttamente un granchio bollito. Il cameriere ci porta due granchi vivi, che cercano di scappare appena posati a terra. Il più grosso, forse 25 cm da chela a chela, costa 330.000 dong (€12.5). Un’abbuffata. Il granchio si può mangiare quasi per intero, a parte le branchie (eww) e un altro paio di organi. Il cameriere resta vicino al tavolo tutto il tempo, divertito. Ci indica una cosa schifosa dentro il guscio che sembra catarro. L’assaggiamo, ma ha un sapore troppo intenso e salato. No, grazie, ma lui continua ad indicarlo. Gli faccio capire che non ci piace e lui non capisce il perché.

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Piove ancora un po’, il che è davvero piacevole, dato che siamo al coperto. Prendo le carte da scopa dallo zaino ed insegno il gioco alla svizzera (Andrea).
« Con questo gioco si distruggono amicizie » le dico.
Impara subitissimo… anche a schioccare la carta sul tavolo quando fa scopa. Perdo miserabilemente due partite, poi riprendiamo la corsa in moto. In cinque minuti siamo al ponte che collega la terraferma ad una striscia di terra lunga 20-30 chilometri, ma ricomincia a piovere, alchè propongo:

«Caffettino? »

Restiamo bloccati per un’altra mezz’ora. Giusto il tempo di battezzare la mia motocicletta con lo spray ed uno stencil (questa è per te Jack) e ricominciamo la corsa. Siamo fuori tempo massimo, ci toccherà viaggiare dopo il tramonto per arrivare a Hoi An.

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La strada QL49B è commovente. No, davvero, voglio piangere. Ovunque mi giri ci sono composizioni e particolari tutti da fotografare. Così tanti dettagli, colori, sensazioni che doveri percorrerla tutta a piedi per darle il giusto tempo (che non ho). Bufali che si crollano l’acqua di dosso, cani, polli, portici improvvisati degni di figurare su ELLE Decor, gente che canta al karaoke, bambini che ci salutano, cimiteri monumentali… voglio vivere qui per almeno un mese, ma come si fa?
Guidando, mi abbandono rumorosamente a gemiti di dolore…

HA… AHH… HAAHHHH!!!

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Dopo oltre mezz’ora un bivio ci porterebbe sulla strada principale, la QL1A, ma col cavolo che svoltiamo. Tiriamo dritti fino a quello che sulla mappa sembra un ponte (non si può sapere per certo in questo Paese). La strada diventa un sentiero più o meno fangoso, migliora, peggiora… lavori in corso, rischio un incidente e… il ponte esiste!

E come se tutto questo non fosse sufficiente, il passaggio di Hai Van lo dobbiamo ancora cominciare <3 img_5440-photomerge-web

Incrociamo la strada principale che incanala tutti i mezzi pesanti nel tunnel di Hai Van, lasciando la nostra strada libera dal traffico.
Forziamo le motociclette a pendenze dell’8%, in terza, mentre saliamo per la montagna attraverso un numero succulento di curve. Cambia la luce, gli odori… la temperatura.
A tratti, la strada ricorda quella vero la foresta Umbra, nel Gargano, ma molto più umida. Le nuvole scavalcano pesanti le vette delle montagne prima di riversarsi in basso verso di noi.

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Ok, è arrivato di nuovo il momento in cui non ne posso più di scrivere (e quanto ce ne sarebbe ancora!). Posto una foto della mia nuova compagna di viaggio in viaggio e il percorso di questa splendida corsa in motocicletta.

Au revoir!

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CANZONE DEL GIORNO: Regal – The Candidate (Sol Days Interlude) [feat. Ray Mann]

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