Aiuto, non mi sono iscritto all’AIRE! Che faccio?

Ti sei trasferito all’estero da qualche anno e ancora oggi vivi e lavori fuori dall’Italia.

Hai un attestato di residenza del comune estero locale, ma non ti sei mai registrato all’AIRE. Non lo hai fatto perché non volevi perdere l’assistenza sanitaria in Italia, oppure perché non avevi sbatti e poi comunque era solo una formalità o bla bla bla.

Adesso però hai scoperto che senza la registrazione all’AIRE, il fisco italiano ti considera residente in Italia, con la conseguenza di dover pagare le tasse per il reddito che hai prodotto all’estero.

Ouch.

Da una parte pensi che magari puoi continuare a vivere senza registrarti all’AIRE. Torni in Italia per rinnovare il passaporto, non voti e chi s’è visto s’è visto. Dall’altra però, sai che in realtà questo è un problema che prima o poi dovrai affrontare. A parte il fatto che la registrazione all’AIRE è obbligatoria, se non lo fai sarà un problema quando vorrai percepire un’eredità (per esempio una parte di un immobile di famiglia) o sposarti (per farlo dall’estero ci vuole il nulla osta del consolato), eccetera eccetera. Il tempo intanto continua a passare e così gli anni suscettibili ad una verifica fiscale.


COSA FARE?

(Risposta breve)

Registrati all’AIRE.

Se dopo esserti registrato all’AIRE il Fisco italiano inizia una verifica della tua posizione fiscale, dovrai invocare la Convenzione contro le doppie imposizioni davanti al CTR (Consiglio Tributario Regionale).

Lo so che è uno sbatti e che vorresti poter risolvere la cosa senza dover rivolgerti ad un avvocato, ma poiché si tratta di un’irregolarità, non può essere verificata d’ufficio. La buona notizia è che la verifica è solo un’eventualità e potrebbe anche non succedere nulla.

Se invece si verifica, cerca un legale specializzato in finanza tributaria internazionale. Leggi quest’articolo, riassume molto bene il quadro della situazione.

 


COSA FARE?
(Risposta lunga)

L’articolo 43 del Codice civile stabilisce che la tua “residenza” è dove hai la tua dimora abituale. Il domicilio invece è il luogo dove hai stabilito la “sede principale dei tuoi affari ed interessi” (anche di tipo affettivo).

Purtroppo, la “residenza fiscale” è un’altra cosa e se non sei iscritto all’AIRE, in base all’art. 2 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), sei considerato fiscalmente residente in Italia anche se il tuo domicilio e la tua residenza sono all’estero.

“Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.”

L’ordinanza 1533/2022 della Cassazione (sebbene pronunciandosi su un caso specifico) ha chiarito che la congiunzione “o” non significa che basta soddisfare anche solo una delle tre condizioni per essere considerati fiscalmente all’estero, ma che basta soddisfarne anche solo una per essere considerati fiscalmente residenti in Italia.

Insomma, anche se vivi all’estero, fintanto che sei iscritto all’anagrafe della popolazione residente, devi (o dovresti, ci arriviamo…) pagare le tasse in Italia. Secondo il TUIR, l’iscrizione all’AIRE non è solo una formalità, ma una condizione sostanziale a fini fiscali.

Il Fisco quindi ha titolo a chiederti di pagare le tasse in Italia. L’art. 168 del TUIR sancisce che se hai già pagato le tasse all’estero, puoi detrarle dalle tasse che devi allo stato italiano (comma 2), ma che la detrazione non ti spetta se non li hai dichiarati in Italia quando era il momento (comma 8).

A questo punto però (sottofondo di coro liturgico, tipo ascensione in paradiso) entra in gioco la “Convenzione contro le doppie imposizioni”. Nel caso della Germania, per esempio, la convenzione dice il tuo stipendio da dipendente non è tassabile in Italia se:

  • vivi in Germania per più della metà dell’anno (cioè almeno per 183 giorni, 184 per gli anni bisestili);
  • l’azienda per la quale lavori è in Germania;
  • l’azienda non è sostenuta da un’organizzazione che ha sede in Italia.

A questo proposito (sempre prendendo come esempio la Germania), l’ordinanza n. 9725/2021 della Cassazione ha fatto prevalere la Convenzione Italia-Germania (art. 15) contro il TUIR.

A volte un’ordinanza della Cassazione stabilisce l’opposto di un’altra ordinanza. Questo accade perché le sezioni della Cassazione si esprimono su casi specifici, perciò anche se ne trovi una favorevole al tuo caso, non potrai impugnarla.

Le sentenze che danno orientamento definitivo (per cui le singole sezioni non possono esprimere un avviso diverso) sono invece quelle scritte a Sezioni Unite.

Vorrei chiarire adesso che la legge italiana non cerca di “punirti” di non esserti registrato all’AIRE: lo Stato ha a che fare con una buona quantità di “furbetti” che spostano la propria residenza all’estero per evadere le tasse, pur continuando a vivere in Italia. Un’altra circostanza sono i lavoratori di frontiera che, per esempio, prendono residenza a Lugano, ma di fatto vivono da questa parte del confine.
Mentre tu pensi di essere in mezzo ad un polverone inutile, lo Stato considera l’eventualità che tu sia un evasore. Il ricorso al tribunale è il tuo modo di far prevalere non solo la tua buona fede, ma anche la tua reale capacità contributiva.

Oltretutto, il diritto tributario internazionale è dalla tua parte. Come la pagina di questo studio legale fa notare: “La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è più volte espressa difformemente dalle Corti italiane ritenendo che il luogo di residenza di un soggetto debba essere individuato in relazione […] alle circostanze oggettive che collegano il soggetto al territorio.
Una tale interpretazione permette di superare l’impostazione italiana rendendo del tutto irrilevante il criterio formale della cancellazione dalle liste della popolazione residente e dell’iscrizione all’AIRE.

Recentemente alcune Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali (che rappresentano il primo e il secondo grado del processo tributario) si sono discostate dalla linea dettata dalla Cassazione e si sono conformate alla giurisprudenza comunitaria.
Ad esempio, nel 2017, la CTR della Puglia trattando l’ipotesi di una tardiva iscrizione all’AIRE ha affermato che “l’applicazione di qualsivoglia strumento presuntivo”, quale la mancata iscrizione all’AIRE, peraltro ampiamente superate dal contribuente “a mezzo della pertinente documentazione prodotta agli atti”, “non può avvenire in maniera asettica e automatica, dovendo esso, per converso, avere riguardo necessariamente alla reale capacità contributiva ex art.53 C., nonché evitare una inammissibile duplicazione d’imposta”.

Un altro articolo dice anche che “[…] al fine di evitare la doppia imposizione, la residenza fiscale può essere accertata alla luce dei criteri individuati dalle norme convenzionali vigenti tra gli Stati. Assumono così rilevanza le tanto spesso menzionate “tie break rules” che puntano alla sostanza dei fatti, smontando il consolidato orientamento della Suprema Corte in merito alla presunzione assoluta di residenza attinente al requisito formale ex art. 2, comma 2, TUIR.”

Le “tie break rules” sono definite dall’articolo 4 del Modello OCSE. È un argomento un po’ lungo e con delle eccezioni, ma puoi leggere a proposito in questa pagina.

Come puoi vedere, l’argomento è spinoso e dipende moltissimo dal tuo caso. Consulta un legale specializzato per avere un’idea migliore del tuo caso e tieni a mente che potresti anche non ricevere affatto una verifica del fisco italiano. Respira, spera per il meglio, ma tieniti comunque preparato e con i documenti in ordine (es. certificati di residenza, contratti d’affitto e di lavoro, dichiarazioni scritte di ex-coinquilini ed amici, ecc.).

Ti consiglio di trovare un avvocato specializzato nella tua regione di residenza in Italia, perché i primi due gradi di giudizio (semmai dovessi affrontarli) avrebbero luogo nella corte tributaria provinciale e poi in quella regionale.

In bocca al lupo.