Hanoi > Cat Ba

Oggi avrei voluto scrivere di Hanoi, di quanto mi fosse piaciuta la città vecchia e della strana sensazione, dopo 6 notti, di essere diventato prigioniero di quel posto. Niente di tutto questo. Oggi è stata un’avventura.

Il karma mi è stato avverso per giorni: pioggia, intempestività, mal di gola, ore ed ore buttate al vento, poche emozioni e troppa carne. Forse perché il tassista mi ha dato il resto sbagliato (a mio vantaggio) e no gliel’ho fatto notare? No. Tutto questo è servito a bilanciare questa giornata meravigliosa (e comunque no, non ci credo al karma, almeno non nel senso tradizionale del termine, ma sto divagando).

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Ho comprato una Honda Win Detech da 110cc per circa $ 250. La prima motocicletta che abbia mai avuto. Lascio il maledetto ostello alle 9, sistemo lo zaino sul portapacchi ed il cellulare su un gadget da manubrio, così per usarlo come navigatore. Nemmeno un’ora più tardi, mentre abbasso lo sguardo per l’ennesima volta per controllare il percorso, mi rendo conto che il cellulare non c’è più. Merda, ho dimenticato di stringere il fermo e il cellulare è sbalzato via dalla moto lungo l’autostrada… eppure un attimo prima c’era!
In Vietnam il codice della strada è un’opinione (no, non è una battuta), così posso fare inversione di marcia e percorrere l’autostrada in senso contrario, sul ciglio, nell’inutile tentativo di ritrovare il costoso mattoncino.
Mi fermo alla stazione di benzina e chiedo una mappa, ma nell’era dei cellulari e dei GPS una mappa cartacea è impossibile da trovare. Questo lo saprò per certo 2 supermercati, 3 librerie ed innumerevoli stazioni di benzina più tardi.

 

 
Arrivo a Hai Duong senza troppi problemi. Uso il computer per decidere il percorso da qui in avanti e noto una strada secondaria, un po’ più lunga della AH14, ma che promette bene. Quello che fino a quel momento è stato un percorso abbastanza noioso diventa una gioia per gli occhi (e per i polmoni, data l’assenza dei tir). Palme, campagne sconfinate, vacche, bisonti, cimiteri con lapidi a forma di padoga e chi più ne ha più ne metta. Ho un contatto d’occhi praticamente con ogni persona che incrocio. A volte sorridono. Ogni tanto, quando guido abbastanza piano, un bambino azzarda un “Hi!” o “Hey!” a seconda dei casi.

Mi perdo dolcemente… poi mi perdo e basta.

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Ho imparato a dire “mappa” in vietnamita (qualcosa come “bán doooo”) e cerco di farmi aiutare dalle poche persone che incrocio. Uno in particolare gesticola con decisione di seguirlo, nonostante non gli abbia nemmeno detto dove stia cercando di andare. Arriviamo alla riva del fiume e mi fa capire che dobbiamo aspettare la chiatta, un coso rugginoso che aspetta solo me per affondare. Cerco di farmi mostrare la posizione sul suo cellulare, ma lui rifiuta. Mi guardo intorno… le altre persone attorno a noi mi osservano alcune divertite, altre con fare indagatore. Non mi sembra di avere molta scelta.

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Dall’altra parte, a parte una scena che non ho capito – dove la signora che riscuoteva il pedaggio voleva che abbracciassi una sua amica timida (boh) – sono arrivato senza troppi problemi a Hai Phong (che letto suona come ‘iPhone’, tanto per ricordami che il mio sta ancora in autostrada).
Cibo, caffè e pure wi-fi, solo per scoprire che probabilmente ho perso l’ultimo traghetto per Cap Ba.

Devo arrivare subito al molo. Ritorno in sella, ma finisco in un cantiere fangoso, una cosa pazzesca. Avanzo piano, in mezzo a qualcosa come altri 50 motorini. Appoggiare i piedi a terra significa affondare le scarpe nella melma, ma non ho scelta. Un operaio è in una pozza con l’acqua che gli arriva in vita. Faccio un centinaio di metri, poi rinuncio. Un furgoncino ha però chiuso la via del ritorno. Batto con la mano sulla fiancata « ma lo sposti ‘sto coso?! ». Dato che nessuno parla nemmeno l’inglese, parlo in italiano con tutti.
Scavalco un ammasso di fango secco mentre bestemmio la madonna e la madre del tizio, che intanto se la ride… il vantaggio della barriera linguistica. Corro dall’altra parte della città, verso un altro molo, ma sono di nuovo troppo in ritardo. C’è però un’autobus parcheggiato lì davanti con su scritto ‘Cat Ba’ …che però è un’isola. « Cat Ba » grida il controllore, in piedi alla porta del bus. « Cat Baaa! » ripete e mi fa vigorosamente segno di seguirlo.

Adesso… seguire un’autobus può sembrare una cosa facile, ma qui in Vietnam ci sono strade riservate a macchine e mezzi pesanti e altre ai motorini. Di solito corrono parallele ed hanno un traffico indipendente le une dalle altre. Mentre il mio autobus sfreccia a 60 all’ora, io mi blocco in un mercato del pesce in mezzo alla strada. La merce sta su dei teli messi sull’asfalto e le marmitte dei motorini scaricano direttamente sul pesce. No, davvero, vaffanculo a tutti, se perdo l’autobus mi tocca dormire in questo schifo di città. Con la moto faccio manovre tali da scandalizzare persino i vietnamiti (sto già diventando bravino con la moto) e riesco a raggiungere di nuovo il mio autobus, che mi porta fuori città nel bel mezzo del nulla.
La città è sparita, ci siamo solo io, il bus e e polvere da cantiere. La strada ha 8 corsie immacolate, per un rettilineo di forse 10 chilometri. Alla fine ci immettiamo su un lunghissimo e nuovissimo ponte che quasi collega Cat Ba alla terraferma, per altri 5-7 chilometri. Comincio a preoccuparmi di non avere abbastanza carburante. Busso sul serbatoio e lo sento vuoto. Meglio non pensarci, mi dico… ho comunque di che distrarmi.

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Il paesaggio è bellissimo. Le barche e le palafitte si perdono nel bianco ovattato fatto d’acqua e di nuvole. Una cosa mai vista. Persino il Sole ne è inghiottito, lo posso fissare senza farmi male agli occhi. È tutto insieme così pulito e sporco che non riesco nemmeno a fotografarlo decentemente. La luce è morbida ed io mi metto a cantare Lucio Battisti a squarciagola senza nessun motivo, a parte quello di sentirmi libero e felice.

Mi fermo per fare qualche fotografia e vedo l’autobus sparire sul fondo.

Grazie autobus.

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Il sole è quasi tramontato. Corro verso la fine del ponte e trovo la strada per il molo. Sono così ansioso di non perdere il traghetto che passo l’ingresso in velocità mentre la guardia mi grida « Ticket!!! ». Venti minuti più tardi sono sull’ultimo traghetto per Cat Ba, € 0.90 inclusa la moto.

Davanti la cabina del comandante c’è una terrazza, dove conosco tre vietnamiti in vacanza sull’isola. Anche loro sono eccitati e direi anche un po’ buffi. Ci siamo subito simpatici. Solo uno di loro parla più o meno inglese, con gli altri bisogna usare il traduttore.
Arriviamo sull’isola e decidiamo di raggiungere la città insieme. Una corsa in moto di mezz’ora nella notte e sono a dormire. Zzzzzzzz

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PAROLA DEL GIORNO (VN): bản đồ (mappa)

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