An American Berlusconi

Donald Trump is the answer to all those people ever asked me “how comes you Italians let a guy like Berlusconi being around?”.

As him, Trump gather the attention to his character. Soon you talk about how idiot Trump might be, while stop talking about real political issues.

Every time you re-post an article about something he said, you make him more popular. Every time you write a comment, more powerful.

Ignore whatever crazy catchy bullshit might come out of his mouth. Fight back with real arguments, focus on your candidate. In other words, be smarter than Trump.

viaggiare

Si trattava in più d’un cambiamento d’abitudini, bisognava che imparassi ancora una volta a riconoscere nuovi volti in un nuovo ambiente, altri modi di parlare e di mentire. L’indolenza è quasi forte come la vita. La banalità della nuova farsa che bisogna recitare vi annienta e vi occorre tutto sommato ancora più vigliaccheria che coraggio per ricominciare. È questo l’esilio, l’estraneo, questa inesorabile osservazione dell’esistenza com’è davvero durante quelle poche ore lucide, eccezionali nella trama del tempo umano, in cui le abitudini del paese precedente vi abbandonano, senza che le altre, le nuove, vi abbiano ancora rincoglionito a sufficienza.

Tutto in quei momenti viene ad aggiungersi alla vostra immonda miseria per forzarvi, debilitati come siete, a scoprire le cose, la gente e l’avvenire così come sono, cioè degli scheletri, nient’altro che nullità, che bisognerà tuttavia amare, vezzeggiare, difendere, animare come se esistessero.

Un altro paese, altra gente intorno a te, agitata in un modo un po’ bizzarro, qualche piccola vanità in meno, dispersa, qualche orgoglio che no trova più la sua ragione, la sua menzogna, la sua eco familiare, e non occorre altro, la testa vi gira, e il dubbio vi attira, e l’infinito e voi ci cascate dentro…

Il viaggio è la ricerca di questo niente assoluto, di questa piccola vertigine per coglioni.
 

– Louis-Ferdinand Céline (Viaggio al termine della notte, 1932)

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Monaco stanotte è come un trip d’acido, dove la realtà si limita a pochi metri da te. La metro non sbuca dal tunnel nero, ma si materializza nella luce della stazione, mi porta a casa, ma è un illusione, perché Casa non è qui.

Damn it.

Sono uscito dal letargo d’inverno ed è un bel rischio, ma non posso decidere tutto io ed è bello essere di nuovo in balia di me e dell’omonimo nella testa, che dopo tanto tempo, maledetto, mi urla di nuovo un sacco di cose …bastardo. Non smettere.

FRASE DEL GIORNO: Ab einem gewissen/bestimmt punkt (ad un certo punto…)

Q

Una volta ho letto che le persone sono come navi, che nella notte dell’oceano si scambiano messaggi di luce. Sono nove giorni che sto stipato con altre 30 persone in un autobus che è la nostra casa (cucina, salotto e camera da letto) mentre scorrazziamo qua e la tra Nevada, Utah, Arizona e California. Abbiamo tra i 19 e i 70 anni, siamo sposati, divorziati, scapoli in cerca dell’anima gemella, gay e lesbiche. C’è la tipa psicotica che sta alla larga da tutti ed il tipo noioso dalla quale tutti cercano di stare alla larga, il finocchio obeso e sdentato a briglia sciolta, che ormai si è bello che lasciato andare e così sia, una coppia di teneri anziani emigrati chissà quando dal centro america.
Una donna, che mi ricorda mia madre, mi racconta che ha divorziato anni ed anni fa, mi dice che tutto quello di cui ha bisogno sono cinque amici e subito mi sorride come mai mi hanno sorriso prima: serena, e negli occhi la felicità di chi ha vissuto come meglio ha potuto, con integrità. Quando glielo dico sorride ancora e mi dice che da giovane la chiamavano sunshine girl e quel sorriso l’ha avuto anche nei momenti più duri.
C’è l’australiana che ha studiato da terapista ha appena preso il brevetto da pilota per diventare un medico volante, c’è Charlie (lui è l’Anima dell’America) e una manciata di giovani inglesi dall’accento forte che stanno facendo, chi più chi meno, il giro del mondo. Un paio di cinesi, la belga, la francese ed infine io.
Io, che osservo e descrivo gli altri. chissà loro come mi vedono, come mi descriverebbero. È così ingenuo vedermi al di fuori di questa umanità che conta tutti tranne me. Chi mi sta attorno ha il potere di darmi (e togliermi) energia, gioia ed entusiasmo. C’è chi mi chiede della mia vita, dei miei progetti, e mi scuote così tanto con non so che da rendermi insofferente di quest’autobus e di questa gita, esplodo in mille raggi di luce e sento che non c’è tempo da perdere, non più.
Vorrei poterli abbracciare tutti, vorrei abbracciare il mondo, baciare la bocca chi chi mi regala un pezzo della mia felicità, circondarmi di gente positiva e pretendere di essere positivo anch’io.

PAROLA DEL GIORNO: self-conscious (intraducibile)

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« Oh, Jake » Brett disse, « Noi due saremmo stati bene assieme. » […]
« Già » dissi io, « non è bello pensare così? » (H. hemingway)

Davanti alle scelte importanti l’universo si spacca in due
e fa male.
l’identità diventa due, come una cellula che si sdoppia, ognuna verso ciascuno dei mondi creati dalla scelta, uno per ogni possibilità di vita.

È un bene che non si possano vivere tutte le scelte possibili, solo quello che non torna è importante.

PAROLA DEL GIORNO: meadow (prato)

Grand Canyon

Sissignore, Grand Canyon! Come diceva Bukoswki « grande… e quando dico grande so quello che dico », cioè… lui diceva ‘grosso’, ma va bene lo stesso, dicevo…
Ci siamo divisi come al solito in 3, 4 gruppetti, di cui uno di 6 esploratori suicidi che hanno deciso di arrivare fino in fondo, dove scorre il Colorado. Io ho ancora la borsite al ginocchio che mi fa camminare come uno scemo, altrimenti sarei sceso con loro, ma andiamo per gradi: il grand canyon scende a picco per 2 (due) chilometri, per 15 chilometri di percorso prima avvolti dal freddo (c’è la neve) poi sotto il sole cocente, la differenza di temperatura supera tranquillamente i 15°C. bisogna portarsi cibo, vestiti, acqua ed il necessario per la notte. Il giorno dopo bisogna rifarsi i 15 chilometri in salita e i due chilometri di elevazione stancano (se pensate che esagero nel dire che è tosto leggete la storia di Margaret Bradley, una maratoneta di 24 anni morta disidratata nel canyon).
Cmq sia, incontriamo un ranger che ci dice cose del tipo che c’è gente che e si fa da sponda a sponda il canyon e ritorno (43 miglia), insomma: impossibile is nothing, ma stit’v attent!

Il primo giorno facciamo un percorso lungo la cresta sud del Canyon, interessante, ma alla lunga un po’ noiosa (il paesaggio è sempre lo stesso). Metto la fotocamera su un albero e imposto l’autoscatto per la classica foto mentre si salta,  ma a quanto pare non siamo stati proprio sincronizzati, la foto l’abbiamo riscattata, ma ho la gif animata più figa del mondo adesso!

Il secondo giorno prendiamo un sentiero che scende nel canyon, 9 miglia (15km) tra andata e ritorno ed è l’unico modo per apprezzare la dimensione del Canyon, che è davvero gigante. Ci sono vari strati: rocce rosse, gialle, viola, strati verdi di vegetazione, e in fondo al percorso il crepaccio dove scorre il Colorado. Per quasi tutta la discesa c’è sempre almeno uno scoiattolo ciccione che ci segue per farsi dare un po’ di cibo, non hanno paura dell’uomo, non gliene frega niente, se non stai attento ti entrano nello zaino.

I 7 chilometri dell’andata non erano niente, sono volati, una volta arrivati alla Base sul fondo ci giriamo per tornare indietro, non so gli altri ma io ho visto il percorso e ho pensato, e probabilmente sibilato, « oh… cazzo » (pardon).

Camminiamo sotto al sole per un’ora buona e non ce la facciamo, per fortuna arrivano le nuvole che oltre a riparaci dal sole ci regalano un paesaggio spettacolare sullo sfondo. Nessuna foto può far capire quanto è grande questo Canyon, dopo 7 ore siamo al punto di partenza, stremati, e abbiamo fatto forse un quarto del percorso completo.

PAROLA DEL GIORNO: rim (bordo, sponda, cresta)

C

C. ha fatto un po’ di tutto, la sua passione è la vita. suona la chitarra blues, in trio, poi in duo e poi, sempre a causa delle donne o altre cose più serie, da solista. È uno spirito libero, ma per esserlo davvero ha bisogno di una moto e lui ne ha avuta sempre una, cambiandone una 30ina: suzuki da due cilindri, moto modificate in stile chopper, scheletri e bolidi fighissimi tutti luci e cromature.

Sulla riva del Colorado, con la luce del tramonto che incendia le rocce rosse tutt’attorno, mi regala il racconto della sua vita tra una risata e un tiro alla pipa di metallo che ci passiamo a vicenda. Parla solo lui ed io non mi azzardo a fermarlo, vorrei non si fermasse mai.
Stiamo lì un’ora, poi prende la chitarra. La sera suona sempre qualche pezzo della sua musica, suona solo quella. A volte qualcuno gliela chiede per suonare qualcosa di famoso da poter cantare tutti assieme, e penso che è lui il vero giovane che suona roba originale, le sue storie, la sua vita, lasciando a noi altri i vari bob marley, beatles & co.
È uno strano modo di invecchiare il suo, ancora pieno di vita, ma con interessi ardenti che non capisco perché sembrano non andare più bene, fuori moda, troppo sinceri ed indifesi per il mondo di oggi. Lui non ci può fare niente, ha vissuto nel suo tempo ed ora si sente solo. mi piacerebbe tanto fargli sentire quanto capisco la sua solitudine, che non si è davvero soli fintanto c’è qualcuno che ti capisce, o almeno ci prova, ma vivamo in mondi diversi e non potrò mai condividere la sua nostralgia tanto da regalargli un sorriso che possa bucare il tempo.

PAROLA DEL GIORNO: secret meeting (andiamo a fumare di nascosto, sennò mamma ci scopre)